Brexit - Trema l'industria automotive: ecco cosa può succedere
- Ale Marino
- 24 giu 2016
- Tempo di lettura: 3 min
Riportiamo questo interessante articolo di Davide Comunello pubblicato sul sito di Quattroruote

L'industria automotive lo aveva già dipinto come un “incubo” e ora l'incubo è diventato realtà: con il referendum di ieri, la Gran Bretagna si è svegliata fuori dall'Unione Europea. Un terremoto, con tanto di annuncio di dimissioni da parte di David Cameron, che fa tornare lo spettro dei dazi doganali, delle tassazioni extra e dell'isolamento industriale. Le Case straniere che costruiscono nel Paese sono spiazzate: il Regno Unito è (era) il secondo mercato più importante della Ue. E la Brexit può cambiare tutto.
La posizione dei Costruttori. Un mese fa, il settore automotive britannico si è espresso in maniera abbastanza inequivocabile con la SMMT (Society of Motor Manufacturers and Traders): per il 77% dei membri, solo l'Europa avrebbe potuto garantire e sostenere il business, soprattutto per l'importante accesso ai mercati dei Paesi del continente. Jaguar Land Rover, BMW, Ford, Nissan, Toyota, Mercedes-Benz si sono tutte espresse contro l'uscita, mentre Aston Martin, Volkswagen e Vauxhall (Gruppo GM) hanno mantenuto una posizione più neutrale. Tuttavia, nessun Costruttore ha sostenuto esplicitamente le ragioni della Brexit. "L'Europa ha più senso per il lavoro, il commercio, i costi", ha spiegato la Nissan. Altri hanno ipotizzato "impatti" sugli investimenti nel Paese. Monaco, che in Gran Bretagna produce le Mini e la Rolls-Royce, si è detta "profondamente convinta" della necessità di restare nella Ue, paventando un "periodo di incertezza". Categorico il no della Mercedes-Benz: "La Brexit – ha detto Stoccarda – sarebbe molto più seria per il Regno Unito che per il resto dell'Europa". È andata così, e ora l'industria dovrà fare i conti con una realtà inedita e nebulosa.
I numeri del settore. Oggi il 77% delle automobili prodotte nel Regno Unito viene esportato all'estero e quasi il 60% finisce in Europa, per un giro d'affari pari a 24,8 miliardi di sterline (al momento 30 miliardi di euro, ma la valuta è già crollata): in sostanza, a livello di esportazioni il comparto viene solo dopo la chimica. Secondo il dimissionario Cameron, circa 730 mila posti di lavoro dipendono dall'industria automotive, tra assunti (161 mila) e indotto. Tra i grandi Costruttori, Vauxhall impiega ben 35 mila persone, Ford 14 mila, BMW 8 mila, Nissan altrettante, Toyota 3.500, Mercedes-Benz 3.400.
I rischi. Nessuno sa quale sarà il vero impatto della Brexit sul settore automotive. La BMW ha già detto di non essere in grado di valutare le conseguenze "fino a quando non ci saranno cambiamenti a livello legislativo", facendo intendere di non voler intervenire subito sulle proprie operazioni. La Toyota, però, ha già avvisato i dipendenti: la Brexit, hanno spiegato i giapponesi, aumenterà del 10% la tassazione sulle auto prodotte localmente. La VDA, l'associazione dei costruttori tedeschi, ha addirittura tirato in ballo un'ipotetica "disputa commerciale" tra l'Europa e il Regno Unito, con "danni enormi per tutti" e "rischi" per i 100 siti produttivi che la Germania gestisce nel Paese. La Jaguar Land Rover, del Gruppo indiano Tata, ha già fatto i conti: entro il 2020, la Brexit potrebbe tagliare i profitti della Casa per un miliardo di sterline (1,25 miliardi di euro).
Tempesta finanziaria. La Brexit ha già mandato in panico le Borse di mezzo mondo, con perdite pesantissime per le banche e conseguenze per tutti gli altri titoli, inclusi quelli automobilistici: a Piazza Affari, in caduta libera (l'indice Ftse Mib è a -10,75%), FCA perde il 7,38%, Renault il 10,09%. A Parigi, Peugeot cede il 12,79%. A Francoforte Daimler è a -8,5%, BMW a -7,5%, VW a -7%. Lo Stoxx Automobiles & parts, l’indice europeo di settore, perde il 7,7%. E mentre i manager corrono da un ufficio all'altro, la popolazione britannica si divide tra incredulità e festeggiamenti. Il giorno più lungo del Regno Unito (e dell'Europa) è appena iniziato.
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